Riferimenti storici :

Alla luce dei documenti storici finora disponibili, non è possibile sapere esattamente la data di costruzione della “Torre del Trappeto”, ma si presume, verosimilmente, che la fabbrica possa datarsi intorno al XIV sec., allorquando si diffuse nella pianura circostante (come in gran parte della Sicilia) la coltivazione delle “cannamele”. La sua esistenza è testimoniata per la prima volta, in un rapporto storico sulle “Marine di tutte il Regno di Sicilia” fatto redigere dall’Imperatore Filippo II nella seconda metà del ‘500.
In esso si conferma che nella fascia costiera attraversata dalla fiumara Zappulla, vi erano due manufatti fortificati a guardia di altrettanti trappetti di “cannamele”: uno in località Pietra di Roma (nell’attuale Comune di Torrenova), e l’altro a Malvicino denominato “Torre del Trappeto”.
Non vi è dubbio quindi, che il suo scopo era principalmente la difesa delle piantagioni dalle incursioni piratesche, molto frequenti sulla costa antistante ( si veda Salvatore Sidoti Migliore, “Storia urbanistica di un territorio- formazione di Naso e costituzione di Capo d’Orlando; ed. Pungitopo, pagg. 16-17 ). Si sa anche che nel 1570 il Trappeto di Malvicino era in piena attività, ed aveva dei rapporti economici-commerciali col Banco Gentile di Palermo. Un avvenimento storico, a conferma del carattere difensivo della costruzione, è narrato nel libro di Carlo Incudine “Naso Illustrata” (Napoli, 1882- ristampa 1975, Giuffrè editore, Milano), a proposito di una nave di corsari che, sulla fine del XV sec., sarebbe stata affondata “con un colpo di cannone tirato da lassù” (il fatto è anche riportato in un altro opuscoletto di poesie del Cav. Saverio D’Amico che dedica un’ode a questo avvenimento intitolata:
“Capo d’Orlando aggredito dai pirati algerini (sec.XV)”.
Lungo il corso dei secoli il Castello fu sempre in mano dei Baroni e Conti che dominarono Naso fino al 1788. (Del Comune di Naso faceva parte il territorio di Capo d’Orlando fino al 1925).
Accanto ad esso vi era il trappeto e diverse case per l’alloggio dei contadini.
Dal Rivelo del 1811, si apprende che il Castello era in possesso dell’Ill.Conte D.Bennardo Ioppulo e Fardella sotto la cureria dello Ill.Cav.Don Domenico Papè Bologna dei Papè di Valdina…” e, fra altre cose, aveva di sua pertinenza “..due trappeti,..case di arbitrio per il nutricato della seta…ed altre venti case terrane esistenti nel feudo di Malvicino…”(più altre dieci case a Capo d’Orlando).
Nel 1815, il castello con tutte le pertinenze, figura invece nelle mani di “..donna Caterina Branciforti, vedova di Leonforti, ed oggi Principessa di Butera..” (dal Rivelo dello stesso anno; si veda: Salvatore Sidoti, op. cit. ).
Intorno alla metà del secolo scorso viene acquistato da una ricca proprietaria inglese, una certa Maria Eugenia Johnson (C. Incudine, op. cit.), sposa del suddetto Cav. Saverio D’Amico, dai cui discendenti, recentemente, il Comune lo ha acquistato

Salvatore Sidoti Migliore  architetto – Progettista restauro castello (da archivio Archeoclub d’Italia – Capo d’Orlando
Da Naso  illustrata di Carlo Incudine. Pag.249-50-51

“…Malvicino. Qui, pria di scendere al piano, che va a morire col mare, sovra al rispianato di amena collina, sorge il Castello di quel nome. – E’ un edificio quadrilatero, non molto an¬tico a quanto pare; dalle mura scarpate ed alte, in¬coronate di merli; fra i vani dei quali eran situati i cannoni  1): ai fianchi torrioncelli sporgenti con delle fmestre strette ed aguzze da spiare all’intorno, e in capo un aerea terrazza, da cui s’ha la più bella e am¬maliante veduta di quelle contrade. Imperocchè, da lassù, l’occhio spazia a occidente per la verde pianura, su cui fuman le case del piccolo Malvicino, pel feudo Masseria, e giù giu in sino al mare dall’onda or in-quieta, or serena. Ad oriente un vastissimo piano s’apre ed allarga via via in mezzo a monti, a colline, a precipiziA, a liete campagne, insino a Morco, il gran feudo, che nereggia inselvato, disegnandosi maestosa¬mente nel vano illfmito; e a destra e a mancina su per l’ampiezza ineguale e avvallantesi qui e colà della pianura, s’intrecciano, si abbracciano, si addensano le ulive, grande ricchezza, clie correndo al Sud per lungo tratto, vanno a morire col Fitalia, spumante in un abisso. – Entrando al castello per due scale di pietra, si fa subito innanzi un cortiletto, e sotto ai piè un sotterraneo calante a picco in un antro, su cui rizza-vasi probabilmente il ponte levatoio, che ogni notte quando i Conti vi albergavano dovea sospingersi sulle catene dei bolzoni, a maggior sicurezza del luogo ermo, solitario e silvestre. Più in là son gli avanzi di un pozzo profondo, che forniva al castello acque limpide e pure, e a destra e nel centro e a sinistra tre piccole camere, un’altra diruta e rovinosa, e un muro costruito a semplici mattoni, ch’è una mera¬viglia a vedere. Fuori del Castello s’ergon le fabbriche di una nobilissima cavallerizza; un baluardo merlato, sospeso a un mitissimo torrente, e case coloniche assai, in parte sane, in parte cadute o guaste e scon¬ciate dagli anni. Memorie cupe, tristi avanzi di servitù, di prepotente grandezza, di opulenza e di fasto, adoperati ad opprimere e incrudelire, a beneficare talvolta; e di cui ora il tempo, di tutti e su tutti si¬gnore, ha trionfato inesorabilmente…”     

1) L’ultimo di questi cannoni fu levato e condotto in Messina al1848. Inuna visita da noi fatta nel1848 aquesto castello, vi tro¬vammo un pezzo di quegli antichi cannoni del peso di i6 a i8 chi¬logrammi. La riviera sottostante ricevè grandi benefici da cotesto forte, guardato da so ufficiali feudali, ai di della pirateria. Si narra difatti che una nave, carica di Corsari, venisse mandata a picco nel ¬lontano e prospiciente mare, con un colpo di cannone tirato da lassù.

Oggi è stato ridotto internamente a privata abitazione dalla inglese proprietaria M.E. Johnson. 

Nella sottostante pianura nel XII secolo, è stato edificato un Monastero officiato dai monaci Brasiliani, che lo abbandonarono intorno al 1240, chiamato dagli storici MONASTERI SANTA MARIA GREGORUM DE PERTINENSIS NASI, successivamente chiamato S. MARIA DE LACU,  per la vicinanza di un piccolo lago

Secondo Rocco Pirri era detto così perché nei periodi di siccità le processioni erano dirette all’Abazia e alla chiesa di Sant’Elia.

I ruderi di S. MARIA GREGORUM furono ristrutturati e dentro vi fu rivacato un tappeto. Nel XV secolo sullo stesso luogo sorgeva già la chiesa di S.Giuseppe

Nell’Archivio Vaticano, nelle Collettorie, t.161, ff.112 v. ne indica l’esistenza già sotto i Normanni. Nello stesso documento si affermerebbe che sulla soprastante sommità della collina tra il 1300 ed il 1600 fu edificato, o ridiedificato,  su dei precedenti ruderi il castello Bastione o Torre del Trappeto.

 

Carmelo Caccetta

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