Il territorio comunale 

 

Geograficamente Capo d’Orlando si colloca sulla costa settentrionale sicula, con la visuale delle Eolie, fra Capo Calavà e Cefalù. Il territorio comunale ha una superficie valutata in1.456 ettaried è costituito da una fascia litoranea subcollinare che si allunga sul Mar Tirreno fra la foce del torrente di Santa Carrà a levante e quella della fiumara di Zappulla a ponente, e misura oltre10 Kmdi cimosa costiera.

Morfologicamente il territorio può dividersi in due parti nettamente distinte: la Piana a forma di triangolo molto allungato, compresa fra l’attuale centro abitato del capoluogo e il corso terminale della fiumara di Zappulla; e il territorio subcollinare accidentato, con pendenze talora notevoli e caratterizzato da ammassi rocciosi singolari come quelli del Capo che ha dato il nome alla cittadina.

La Piana, alluvionale e ricca di acque, si presenta ancora come un grande tappeto sempreverde formato dal fittissimo agrumeto che la ricopre.   

 

Il paesaggio e i panorami

Ci sono almeno tre punti, quasi osservatori astronomici, da cui puoi godere la vista dei paesaggi da cartolina che Capo d’Orlando può offrirti. Il primo da Scafa alta, lo sguardo domina il mare azzurro, la baia con il porto, intravedi uno scorcio del borgo S. Gregorio, vai oltre, i faraglioni, ancora insenature, il cono all’ingiù del Capo; a destra, quasi all’orizzonte le sagome delle Eolie, con Vulcano e Lipari quasi attaccate, Salina, Filicudi e Alicudi lontane. A Catutè alto, sulle Rocche della Sciamma, l’altro punto. Seduto,  a sinistra lo sguardo si perde sino alla rocca di Cefalù, all’ingiù domini tutto il verde della Piana e l’estensione dell’abitato cittadino sino alle propaggini del Capo, e ancora le Eolie e scorgi, tra Vulcano e Lipari, Panarea, e a destra anche il Capo Milazzo. Come per sintesi, se sali in cima al Capo, a 360 gradi verifichi la bellezza dei panorami di Capo d’Orlando.E la struttura morfologica e geologica del Capo, sulla cui sommità si ergono il Santuario con i resti delle mura dell’antica fortificazione del castello, poi, rappresenta un unicum anche dal punto di vista scientifico: “flysch di Capo d’Orlando” sono state denominate le stratificazioni trasversali di roccia arenaria, purtroppo soggette alla lenta, ma inesorabile, erosione dell’acqua e dei venti. Sul versante nord-ovest del Capo, a partire dalla terzultima rampa della scalinata, dopo un recente impianto di eucalipti, parte un sentiero che, per una fitta pineta,  conduce fin giù, al faro. Sugli altri versanti, arbusti e macchia mediterranea.

 

La popolazione

Capo d’Orlando conta circa 13.000 abitanti, che si triplicano durante il periodo estivo, in virtù delle presenze in residence, appartamenti e hotel, di migliaia di turisti che vi soggiornano.

Tuttavia durante tutto l’anno la città rappresenta un punto di riferimento per tutto l’hinterland per la vivacità, molteplicità ed eleganza degli esercizi commerciali, per i tanti studenti che frequentano le varie Scuole secondarie, per i punti d’incontro, svago e divertimento che offrono i tanti esercizi pubblici.

Le attività economiche: dall’agrumicoltura, alla pesca, al commercio, al turismo

La coltivazione e la commercializzazione degli agrumi (limoni), insieme alle attività legate alla pesca, hanno rappresentato fino agli anni ’60 gli assi portanti dell’economia cittadina; ma prima l’emigrazione in Australia (Fremantle) di intere famiglie di pescatori, per i quali la pesca in loco non rappresentava più un’attività remunerativa, poi la scarsa competitività sui mercati nazionali internazionali dei prodotti agrumicoli siciliani, hanno indirizzato le attività verso il commercio e i servizi legati a soddisfare le richieste del mercato comprensoriale e di quello turistico.

 

Il mare, i fondali e la fauna

Il mare è l’elemento vivificatore di energia e la fantastica cornice di questa cittadina: pochi metri da ogni parte dell’abitato per trovarsi sulla spiaggia di sabbia e ghiaia che per vari chilometri si allunga in un perfetto rettifilo con la visione delle Eolie. L’esposizione ai venti, le correnti, il ricambio d’acqua continuo, rendono il mare di Capo d’Orlando ideale per la balneazione almeno cinque mesi l’anno, da maggio a settembre. La spiaggia,poi, possiede due caratteristiche peculiari: lunga, ampia e sabbiosa nel tratto antistante il centro abitato; sabbia, calette, tratti di scogliere e faraglioni ad est del Capo, fino al borgo S. Gregorio, il porto, Testa di Monaco. Proprio qui, in un fondale che non supera i10 metri, i più fortunati e i più abili possono mettere a carniere qualche cerniotta e qualche sarago niente male, nascosto nelle tane e anfratti della roccia. Spostandosi verso il largo, ad una distanza di circa400 metridalla riva, troviamo “ ‘u scogghiu du zu Petru”  e, nei fondali di 12 –15 metri, saraghi e spigole in numero considerevole, qualche cernia e polipi di discrete dimensioni.A San Gregorio, proprio di fronte l’Hotel “La Tartaruga”, a circa500 metrial largo, in10 metridi fondo, sorge una spianata di roccia con numerose spaccature dove saraghi di ogni dimensione si aggirano tranquilli e fiduciosi. Continuando a costeggiare la spiaggia il fondale perde interesse dal lato venatorio mentre diventa ricco di spunti per gli appassionati della fotosub; giochi di luci ed ombre lungo le pareti dei faraglioni, piccole grotte  e gallerie tappezzate di ricci e piccoli rami di gorgonie.Giunti all’altezza del faro, dagli scogli detti “canaleddi”, inizia il tratto più interessante per gli apneisti: si tratta della scogliera delle “formicole” che partendo da terra continua, in direzione nord-ovest, fino a500 metrial largo, per morire su un fondale sabbioso di circa20 metri. Sin dall’inizio colpisce il gran movimento di pesce, soprattutto saraghi di buona taglia, che vivacizza il fondale. Pinneggiando verso il largo, improvvisamente cominciano ad apparire le prime cernie; il comportamento è sempre lo stesso: pochi secondi a candela e poi via, come fulmini, nelle spacche scure e profonde; è di rigore, quindi l’aiuto di una buona torcia. A circa300 metridalla spiaggia emerge la prima “formicola” con una spaccatura centrale dove, al mattino presto e al tramonto, si possono insidiare spigole di buona taglia. Da questo punto in poi il fondale può riservare piacevoli sorprese, sia per la gran quantità di pesce bianco e da tana che per la presenza, nei periodi di passo, di ricciòle, spigole e dentici che raggiungono il rispettabilissimo peso di oltre40 Kg. Nella fascia tra i 3 e i6 metrii dilettanti possono divertirsi con i numerosi cefali. Sempre in questo tratto di mare gli appassionati di fotografia e riprese, potranno sbizzarrirsi in inquadrature da concorso sfruttando gli effetti che la luce crea attraversando i cunicoli e le spaccature che costellano fino sul fondo le tre Formicole. A gli appassionati dell’Ara (Auto Respiratore ad Aria, le cosiddette Bombole ndr) consigliamo un’immersione sullo scoglio 27, una secca così denominata per il fondale  in cui si trova che è di 27 passi d’acqua; è questo un vero eden di flora e fauna subacquea dove si possono ammirare spettacoli di vita sottomarina che ci ricordano i film di Folco Quilici. Piccolo particolare: siamo in Sicilia e non in Polinesia!

 

LA STORIA

CAPO D’ORLANDO trae origine da un’antica città sicula denominata “Agatirno” dal nome del suo fondatore figlio di Eolo, fondata ai tempi della guerra di Troia (1218 a.C.). La sua esistenza è attestata sia da storici e geografi antichi (Diodoro, Plinio, Tolomeo……) sia da studiosi moderni fra cui il Meli e il Fazello.

L’antica città doveva comprendere, oltre alla zona del promontorio e di una parte dell’odierno centro cittadino, le contrade di S. Martino, Certari, Catutè, S. Gregorio e Scafa. E’ presumibile che l’estensione della città e lo sviluppo della sua civiltà dalle immediate colline in epoca arcaica, si siano estese alla costa e al promontorio con l’arrivo dei Fenici,  dei Greci e dei Romani.

Al Console Levino nel209 a.C. è legato un episodio oscuro e drammatico della sua storia: la deportazione in Calabria di circa 4.000 uomini, “società composta di ladri, esuli e malfattori”, dice Tito Livio.

Il Damiano, nel suo saggio “Nebrodi, Val Demone, Agatirno, misteri della storia antica” ha dato di recente una interpretazione stravolgente dell’episodio. E’ possibile che Agatirno fosse il centro, nei Nebrodi, del culto dionisiaco e che tali riti fossero mal sopportati dagli stessi Romani che trovarono un pretesto per deportare gli antichi Orlandini.

Intanto testimonianze di Agatirno sono venute alla luce in epoche diverse: nel secolo scorso si ritrovò una lapide marmorea di fattura romana nell’attuale centro urbano (Villa Cangemi) insieme a corredi tombali attestanti l’esistenza di una necropoli; altri corredi tombali, scheletri e phitos sono venuti alla luce nel 1980 e nel 1989 durante dei lavori di scavo in via Letizia.

Il ritrovamento più significativo è venuto alla luce nel febbraio 1986  in località Bagnoli, nelle adiacenze del costruendo porto, sono emersi resti di una zona termale facente parte di un’antica Villa Romana.

Come da Agatirno si sia, al tempo della venuta dei Normanni, passati alla denominazione di Capo d’Orlando è ancora un problema avvolto nel mistero e nella leggenda.

Goffredo da Viterbo,cappellano di Carlo Magno, attesta che fu proprio l’imperatore francese a denominare il Capo in onore del suo celebre paladino.

Non si esclude che”Agatirno”, considerato toponimo paganeggiante fu cancellato dai Normanni troppo legati alla Chiesa di Roma.

Il 4 giugno del 1299 il mare di Capo d’Orlando fu teatro di una tremenda battaglia navale fra due fratelli aragonesi contendenti il trono di Sicilia : Giacomo e Federico.

Alla distruzione del castello in cima al promontorio è legato, un secolo dopo, l’episodio dell’assedio patito dal barone Bartolomeo Aragona da parte di Bernardo Cabrera conte di Modica, speditovi dal Re Martino.

Si ha notizia di incursioni piratesche sui lidi orlandini nel 1589 e nel settembre 1594, e la torre del capo, continuò ad ospitare guardiani in armi che provvedevano all’avvistamento dei pirati algerini.

All’erezione del Santuario (1600) sorto sulle rovine del castello, invece, è legato il rinvenimento di una minuscola statuetta della Madonna, che è divenuta la patrona di Capo d’Orlando.

Intanto nelle terre di Malvicino, dal XV secolo, si era affermata la coltura delle “cannamele”. A difesa delle coltivazioni e del relativo commercio dai Baroni di Naso fu eretta una torre con annesse opere fortilizie ed un trappeto per la lavorazione dello zucchero.

Nella zona di S.Gregorio, invece, fu impiantata una tonnara, che interessava il tratto di mare tra Capo d’Orlando e Capo Calavà.

Nella metà del 1800, alle pendici nord-ovest del promontorio, si costituì il primo nucleo del nuovo centro urbano essenzialmente abitato da famiglie di pescatori, mentre nella Piana alla coltura del gelso e dei vigneti cominciò ad innestarsi quella degli agrumi, in particolare quella dei limoni,che fino ad oggi ha rappresentato uno degli assi portanti dell’intera economia orlandina.

La costruzione della S.S.113 Messina-Palermo, nonché della S.S. 116 Capo d’Orlando – Randazzo e l’ultimazione del tratto ferroviario nel territorio orlandino nel 1895, permisero un notevole sviluppo del commercio agrumario, nonché l’inizio di un crescente sviluppo economico e urbanistico.

All’inizio di questo secolo nacquero i primi sentimenti di autonomia dal Comune di Naso, che venne concessa, dopo una lunga serie di manifestazioni popolari, con L. 25 giugno 1925 n. 1170.

Il 27 settembre 1925 fu inaugurato il nuovo Comune di Capo d’Orlando.